Una veduta aerea del complesso della Pilotta

Francamente non so se Parma sia città colta. La mia interlocutrice (una signora che gestisce un bel negozio in via Cavour e che è attiva nell’organizzare serate “dopo teatro”) invece non ha dubbi. Non la è proprio – mi dice -. Comunque non come la città e i suoi cittadini amano rappresentarsi. Prova è che quando al Teatro Regio non c’è un’opera verdiana c’è poca gente.

I parmigiani, musicalmente parlando, apprezzano solo quello che conoscono. Il resto lo disdegnano. Per conformismo, che si manifesta anche nell’attitudine “molto parmigiana” a muoversi sempre in gruppo quando si va a un appuntamento culturale. Che è tale e appetito – altra stilettata – quando il sapere alto finisce in gloria.

Ovvero con i piedi sotto la tavola o almeno con qualche calice levato. Insomma la cultura più che in bisogno sarebbe spesso un pretesto conviviale e mondano. Secondo uno stereotipo che peraltro ha fatto la fortuna della città, a livello nazionale, e che ha la sua immagine-simbolo nei retropalchi del Regio, dove gli acuti tenorili vengono gustati tra una fetta di culatello e un bicchiere di malvasia.

Tratto da “Parma la Piccola Mela” di Giorgio Triani (2000)