M’hanno insegnato che Parma ha tratto il suo nome dal latino e che tal nome deriva dalla sua forma rotondeggiante; io non credo troppo alle etimologie, poiché tanti malvagi tiri ci hanno giocato gli etimologisti; ma quesa volta debbo arrendermi. Comunque a me interessa assai poco sapere donde deriva il suo nome.
Parma è quel che è, ed è bella per me come al mio tempo, ed affermo che forse era più bella di ora, e questo offende gli arichitetti o i capi-mastri che hanno fatto Parma come adesso. In topografia e in urbanistica sono un conservatore e ammiro i tedeschi che hanno rifatto le città tedesche distrutte dalla guerra com’erano prima e conservano quelle non distrutte religiosamente come le hanno trovate nascendo.
Ora Parma aveva la forma quasi ovale, di un uovo che ha una parte — quella a est sud-ovest un po’ più ampia e l’altra ad est nord-ovest minore. Io l’ho girata tutta, la rivedo tutta come era verso il 1890, quando ero fanciullo e giovinetto: l’ho qui, nella mente, anche se qua e là è stata presto alterata: vedo le botteghe, le porte, le finestre i certe sue vie, so chi c’era nelle botteghe e qualche volta lo vedo, come l’ho visto allora, giovane od anziano, lieto o triste, gentile o burbero.
Tratto da “Parma 1900” testo di Mario Longhena (1967)